sabato 11 marzo 2017

Canerantola - parte III


Ecco a voi l'imprevedibile(?) finale di «Canerantola», il famosissimo(??) racconto di mamma BCO!

Canerantola
Fantasiosa riedizione ad opera del BCO dell'arcinota fiaba di Charles Perrault, scritta nel lontano 1697 (quasi 1700), nella versione, tradotta dal francese, di Carlo Collodi (1875), la quale probabilmente gli piacque parecchio!

Riassunto della puntata precedente:
Canerantola, figlia di un uomo-lupo da poco risposato, subisce le angherie della sua matrigna e delle sue sorellastre che non possono soffriggere la sua bontà e la sua beltà(sic!). Desiderosa di andare allo sballo del principe, Canerantola riceve l'insperato ma un po' telefonato aiuto della sua Comare, la fata Volpe, che con la sua magia le permette di andare allo sballo del principe, ma con la “catena corta”. Il principesso è subito conquistato dalla bellezza di Canerantola(sic!) mentre le sue sorellastre (che non l'hanno riconosciuta manco per il cabernet) sono affascinate dalla sua signorilità e dal suo pedigree, ma la fanciulla allo sbattere delle undici meno un quarto fugge via a gambe levate, lasciando tutti con un palmo di naso. Ritornata a casa racconta l'accaduto alla fata Comare, pregandola di permetterle di sballarsi anche la sera seguente. Nel frattempo le sorellastre fanno ritorno a casa mentre Canerantola finge di essersi appena svegliata.

Parte III

"Se tu ti fossi sballata e cioè se tu fossi stata allo sballo", le disse una delle sue sorelle "non ti saresti annoiata: vi è capitato la più bella Principessa, ma di' pure la più bella e mondana che si possa vedere al mondo: una vera tipa da sballo! Essa ci ha fatto mille garbatezze, e ci ha regalato dei cedri che pesavano un casino e ci ha fatto pure toccare le sue arance!"

Canerantola non capiva più in sé dalla gioia (e, onestamente, non ricordava proprio la parte delle «arance»). Ella, fecendo spallucce imbottite, domandò loro il nome di questa Principessa; ma quelle risposero che non la conoscevano, e che il figlio del Re si struggeva[1] il grasso dai brufoli della voglia di sapere chi fosse, e che per saperlo avrebbe dato qualunque cosa, anche vent... dieci euro.

Canerantola sorrise mettendo in bella mostra i suoi canini, e disse loro rantolando:

"Dev'esser bella davvero! Dio mio! Come siete feliciccine voi altre! Che cosa pagherei di poterla vedere anche solo per un mesetto! Pagherei anche vent... dieci euro! Via, signora Giulietta, prestatemi in prestito il vostro vestito giallo, quello che usavate tutti i giorni alla centrale nucleare, così che anche io possa fare la signora in giallo...".

"Giusto, lo dicevo anch'io!" rispose Giulietta puntando i fanali verso sua sorella Alfetta. "Prestare il mio vestito a una brutta Canerantola come te. Bisognerebbe proprio dire che avessi perso il giudizio oltre che: il posto di lavoro, una partita a Risiko!, un po' di peso e parte del mio patrimonio!"

Questa risposta Canerantola se l'aspettava come aspetta una donna in aspettativa che aspetta il tram (chiamato Desiderio anche quello): e ne fu contentissima; un po' perché lo sballo non le era ancora passato del tutto (e lo confermava il sorriso scemo stampato sulla sua faccia) e un po' perché si sarebbe trovata in un grande impiccio, se la sua sorella le avesse prestato il vestito piombato (altamente radioattivo tra l'altro).

La sera dopo le due sorelle tornarono a sballo: e Canerantola pure (di patate); ma vestita anche più sfarzosamente della prima volta, tanto che al confronto Lady Gaga, anche lei tra i tanti invitanti invitati, sembrava vestita casual (e un po' rosicava, a dire il vero).

Il figlio del Re non la lasciò per un minuto (che era un simpatico nano, suo caro amico); e in tutta la serata non fece altro che dirle un montepremi di cose appassionate e galanti tipo: “Sono un ragazzo fortunato”, “Sei bella come una mattina d'acqua cristallina”, “Sei come la mia moto, sei proprio come lei, andiamo a farci un giro, fossi in te io ci starei.” e ancora “È qui la festa?” (perché era un po' in confusione), insomma la tipiche frasi da Jovanotti[2].

La Jovinetta, che non s'annoiava punto, anzi: manco per il cazzotto pure lei, si era dimenticata le velate minac... le raccomandazioni fatte dalla Comare; tant'è vero che sentì battere come un battitappeto quando batte un tappeto il primo tocco della mezzanotte, e credeva che non fossero ancora le undici. S'alzò e fuggì con tanta leggerezza, che pareva una bibita dietetica. Dovette infine riconoscere l'utilità delle scarpe da ginnastica fornitele dalla fata Comare.

Il Principe le corse dietro al grido di “Parlami di te bella signora!”[3], ma non poté raggiungerla perché Canerantola s'era allenata per ore al cinodromo[4] ma anche perché nel fuggire, ella lanciò dietro di sé una delle sue scarpine da ginnastica Air Jordan, che il Principe intercettò in pieno viso e con grandissimo amore, il tutto commentato da Dan Peterson.

Canerantola arrivò a casa rantolando, tutta scalmanata, senza carrozza, senza lacchè, con in mano un barattolo di cetrioli sottaceto e con addosso il vestito di tutti i giorni, non essendole rimasto nulla delle sue magnificenze, all'infuori di una delle sue scarpe, la compagna di quella che aveva lanciata per la strada.

Fu domandato ai guardaportoni buttafuori del palazzo, se per caso avessero veduto uscire una Principessa piuttosto gnoc... aggraziata; ma essi risposero che non avevano veduto uscir nessuno, tranne una ragazza mal vestita, inseguita da sei topolini, una pantegana barbuta e sei draghi di Komodo[5], e che dall'aspetto era parsa loro un cane da pastore piuttosto che una bella signora.

Quando le sorelle ritornarono dallo sballo, Canerantola chiese loro se si erano divertite e se c'era stata anche la bella signora.

Esse risposero di sì, e che la sig.ra era scappata via allo scocco della mezzanotte come se l'avesse morsa un topo, e con tanta furia cavallo del west, che s'era lasciata alle spalle una delle sue costose scarpe da ginnastica, probabilmente la più odorosa scarpa del mondo: e che il figlio del Re l'aveva raccattata (mettendoci la faccia), e non aveva fatto altro che guardarla inebetito tutto il tempo dello sballo del sabato sera, e che questo voleva dire o che l'odore della scarpa aveva fatto effetto o che egli era veramente innamorato morto della bella signora, alla quale apparteneva la scarpina (o della scarpina stessa, non si capiva bene). Poi le sorellastre ripresero fiato!

E dicevano la verità: perché di lì a pochi giorni il figlio del Re, riavutosi, fece bandire a suon di tromba dai tromboni della sua banda che sposerebbe colei, o colui, o coloro, o colostro[6], o colitico[7] il cui piede avesse calzato perfettamente quella scarpaccia.

Si cominciò a provare la scarpina alle Principesse: poi alle Duchesse e a tutte le dame e tutte le damigelle di corte; ai damerini nei camerini e alle damigiane con le sottane damascate di Damasco: tutti e tutte fecero fiasco, ma più di tutti le damigiane.

Fu portata a casa delle due sorelle, le quali fecero ogni sforzo possibile per far entrare il piede in quella scarpa: ma non ci fu modo. Provarono anche a slacciarla, ma niente da fare!

Canerantola, che stava a guardarle rantolando e che aveva riconosciuta la scarpina dall'odore, disse loro:

"Voglio vedere anch'io se mi va bene a me!".

Le sorelle si misero a ridere e a canzonarla che manco fossero state al Festival di Sanremo, anche perché loro fossero andate a squola e lei mica no.

Il gentiluomo incaricato come un sol uomo di far la scarpetta, cioè la prova della scarpa, avendo posato gli occhi di patata addosso a Canerantola e parendogli molto bella (fortunatamente per la ragazza non si vedeva ancora la ricrescita), disse che era giustissimo, e che egli aveva l'ordine di far le scarpe, cioè di far provar la scarpa a tutte le fanciulle del regno, anche quelle messe male in arnese.

Fece sedere Canerantola nella cenere del camino (chissà perché), e avvicinando la scarpa al suo piedino, vide che c'entrava senz'ombra di fatica e che calzava proprio come un guanto, nonostante fosse una scarpa; ma pur mettendo fosse stata una scarpina per bambini non ci sarebbe stato punto problema tanto Canerantola era abituata a tener “Due piedi in una scarpa”.

Lo stupito stupore delle due sorelle fu grande, ma crebbe del doppio, quando Canerantola cavò fuori dei pesanti cedri e le sue grosse arance ma soprattutto l'altra scarpina che s'infilò in quell'altro piede.

In codesto momento arrivò la Comare, la quale, dato un colpo di bacchetta ben assestato ai vestiti di Canerantola, li fece diventare assai più sfarzosi che non fossero stati mai, procurando nel contempo anche un leggero ematoma a forma di stella alla gentil fanciulla.

Allora le due sorelle riconobbero in essa la bella signora in giallo (con la falce) veduta allo sballo; e si gettarono ai suoi piedi, per leccarglieli; per chiederle perdono dei mali trattamenti che le avevano fatto patire. Canerantola le fece alzare, e disse, abbracciandole forte ed incrinando loro un paio di costole ciascuna, che perdonava loro di liquore e anche un po' con il fegato, e che le pregava ad amarla sempre e dimolto e di portarla a passeggiare di tanto in tanto... o, magari, di darle una semplice grattatina dietro l'orecchio!

Vestita com'era e trascinando seco le sorelle ancora attaccate alle caviglie, fu faticosamente condotta dal Principe, al quale parve più bella di tutte le altre volte -forse solo un tantino più pelosa- e dopo pochi giorni la sposò con rito abbreviato.

Canerantola, buona figliuola quanto bella, fece dare un quartier generale alle sue sorelle, e le maritò il giorno stesso a due gentiluomini baffuti della corte che somigliavano vagamente a delle pantegane.

FINE

Questo racconto, invece di una morale, ne ha due (e poi lamentatevi).

Prima morale: la bellezza, per le donne in ispecie, è un gran tesoro; ma c'è un tesoro che vale anche di più, e sono i soldi... no, cioè, è la grazia, la modestia e le buone maniere.

Con queste doti Canerantola arrivò a diventar Regina.

Altra morale: grazia, spirito, coraggio, modestia, nobiltà di sangue, buon senso, pollice opponibile, tutte bellissime cose; ma che giovano questi doni della Provvidenza, se non si trova un compare o una comare, oppure, come si dice oggi, un buon diavolo che ci porti?

Senza l'aiuto della Comare fata Volpe, che cosa avrebb'ella fatto quella bona e brava figliuola di Canerantola?

Ma soprattutto non avrebbe potuto aiutarla un po' prima, 'sta disgraziata?!?

Larga la foglia, stretto il ramo
Alle brave ragazze diamogli una mano!


NOTE:
[1] Si struggeva: si scioglieva, si liquefaceva.
[2] Lorenzo Cherubini, meglio noto come Jovanotti (Roma, 27 settembre 1966), è un cantautore, rapper e disc jockey italiano.
[3] Bella signora è una canzone di Gianni Morandi del 1989.
[4] Un cinodromo è uno spazio aperto in cui si svolgono le corse di cani levrieri.
[5] Il drago di Komodo (Varanus komodoensis Ouwens, 1912), chiamato anche varano di Komodo è una grossa specie di lucertola gigante diffusa nelle isole indonesiane di Komodo, Rinca,
[6] Il colostro (primo latte) è un liquido giallo sieroso secreto dalle ghiandole mammarie durante la gravidanza ed i primi giorni dopo il parto, composto principalmente da acqua, leucociti, proteine (fra le quali anche agenti immunologici), grassi e carboidrati.
[7] Colui il quale è affetto da colite.[7a]
   [7a] Infiammazione del colon.[7b]
   [7b] Parte intermedia dell'intestino crasso, tra l'intestino retto e l'intestino cieco...
   ...se volete continuaimo! :)


Anche se di solito si cerca disperatamente di uscirne, please stay tunnel!

Nessun commento:

Posta un commento