mercoledì 8 marzo 2017

Canerantola - parte II


Oggi è l'8 marzo e pertanto è la festa della donna e pertanto ci corre l'obbligo ma anche il sommo piacere di augurare a tutte le donne e in particolare a quelle che hanno reso speciale la nostra vita una felice festa della donna!
Grazie di esistere!
In particolare BCO vuole augurare un buon 8 marzo alle BCO-Sisters Valentina e Annamaria e, naturalmente, all'amore della sua vita: la pizz... la sua dolce Cristina!

E ora buttiamoci tutti avidamente sulla seconda parte di «Canerantola», il famoso(?) racconto di mamma BCO!
Buona lettura!

Canerantola
Chiara sofisticazione da parte del BCO della nota fiaba di Charles Perrault, scritta nel 1697 (quindi un bel po' di tempo fa), nella versione, tradotta dal francese, di Carlo Collodi (1875), il quale sapeva scrivere, cavoli!

Riassunto della puntata precedente:
Canerantola, figlia di un uomo-lupo da poco risposato, subisce le angherie della sua matrigna e delle sue sorellastre che non possono soffriggere la sua bontà e la sua beltà(sic!). Desiderosa di andare allo sballo del principe, cosa questa velatamente osteggiata della sua matrigna e delle sue sorellastre che non possono soffriggere la sua bontà e la sua beltà(sic!), Canerantola scoppia in un pianto disperato, fortunatamente interrotto dalla sua Comare che, con l'intento di aiutarla, la conduce in camera da letto chiedendole il suo cetriolo.

Parte II

Canerantola scappò subito a cogliere il più bel cetriolo che poté trovare e lo portò alla Comare, non sapendo figurarsi alle mille miglia nella sua zucca come cavolo questo cetriolo l'avrebbe fatta andare alla festa da sballo.

La Comare lo vuotò per bene, e rimasta la buccia sola, ci batté sopra colla bacchetta fatata, e in un attimo il cetriolo si mutò in una bel barattolo di sottaceti.

La ragazza e la Comare si fissarono per un lungo istante, poi la fata chiamò con il suo cellulare il servizio di noleggio carrozze.

Arrivata la carrozza, la Comare andò a scuriosare nella vecchia e scassata FIAT 500 di Canerantola, dove trovò nel motore a trazione animale sei sorci, tutti vivi.

Ella disse a Canerantola di tenere alzato un pochino lo sportello della “trappola”, e a ciascun sorcio che usciva fuori, gli dava un bel colpo assestato di bacchetta, e il sorcio diventava subito un bel pony, perché la comare aveva il tocco un po' pesante: e così messe insieme un magnifico tiro a sei, con tutti i pony di un bel pelame grigio-topo-rosato e rigorosamente in “tiro”, anche se coi gli incisivi sporgenti; insomma, la Comare avea fatto proprio un bel tiro a Canerantola, e non sarebbe stato l'unico.

E siccome essa non sapeva di che pasta-matic fabbricare un cocchiere:

"Aspettate un poco" disse Canerantola "voglio andare a vedere se per caso nella topaiola ci fosse un topo; che così ne faremo un bel boccon... cocchiere!".

"Brava!" disse la Comare "va' un po' a vedere".

Canerantola ritornò colla topaiola, dove c'erano tre grossi topi, ciascuno con il proprio nome: Topo Gigio, Topo Lino e Jerry Stilton che era di origine inglese.

La fata, fra i tre, scelse il più annoiato e cioè quello che aveva la barba più lunga; il quale, appena l'ebbe toccato, diventò un gran bel pezzo di cocchiere, e con certi baffi, i più belli che si fossero mai veduti; più folti anche di quelli di Canerantola.

Fatto dalla fata 'sto fatto, la fata di fatto disse:

"Ora vai nel giardino: e dietro l'annaffiatoio troverai sei lucertole. Portamele qui."

Appena l'ebbe portate, la Comare svenne (erano veramente brutte!); appena rinvenuta le convertì in sei lacchè, i quali salirono subito dietro la carrozza, colle loro livree gallonate e colle loro colle, e non a caso vi si tenevano attaccati, come se in vita loro non avessero fatto altro mestiere che attaccarsi al tram chiamato Desiderio. Però facevano in continuazione le linguacce.

Allora la fata disse a Canerantola:

"Eccoti qui tutto l'occorrente per andare allo sballo: sei contenta?".

"Sì, ma che ci devo andare in questo modo, e con questi vestitacci che ho addosso?"

"E ti preoccupi dei vestiti, cara bambina mia?!?" e detto questo prese a depilarla con un grosso machete affilato. E in effetti da sotto tutto quel pelame emerse una bellissima fanciulla!

Dopo il peeling[1], la fata non fece altro che toccarla colla sua bacchetta che, come per magia, subito apparve sulla testa di Canerantola un bel bernoccolo; i suoi poveri stracci si cambiarono in poveri chiffon[2] di s-broccato d'oro e di argento, e tutti tempestati di pietre preziose, che le facevano un prurito tremendo: quindi le diede un paio di scarpine da ginnastica con la suola di gomma, che erano una vera meraviglia.

"Perché proprio scarpe da ginnastica?" chiese Canerantola.

"Lo capirai al primo rintocco della mezzanotte!" disse la Comare fatta.

Quand'ella ebbe finito di accomodarsi le Air Jordan, s'accozzò alla carrozza: ma la Comare, con indosso gli occhiali da sole e puntando in direzione di Canerantola una bella pistola automatica con tanto di silenziatore, le raccomandò di non fare la pipì sulle carrozze nel parcheggio, di non saltare addosso a tutti gli invitati e sopra ogni altra cosa di non far più tardi della mezzanotte, ammonendola che se ella si fosse sballata e cioè trattenuta allo sballo un minuto di più, la sua carrozza sarebbe ridiventata un cetriolo sottaceto, i suoi pony dei sorci verdi, i suoi lacchè dei draghi di Komodo[3], i suoi vestiti avrebbero ripreso la forma e l'aspetto cencioso di prima.

Ella dette alla Comare la sua parola d'onore che sarebbe venuta via dallo sballo avanti la mezzanotte.

Quindi baciò le mani e partì scodinzolando, che non entrava più nella pelle dalla gran contentezza. Poi tornò indietro a prendere la carrozza. La Comare fata alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa (di Canerantola).

Il figlio del Re, essendogli statogli annunziato a lui l'arrivo di una bella gnoc... Principessa, che nessuno sapeva chi cozza fosse, corse incontro a riceverla, e offrì la mano per iScendere di iCarrozza. iStintivamente Canerantola diede la zampina al principe, il quale la condusse -un po' confuso- nella confusione della sala dov'erano stati a loro volta già invitati gl'invitati.

Si fece allora un gran silenzio di tombola: le danze rimasero interrotte, i violini smessero di suonare, le trombe di trombare, gli acrobati si fermarono a mezz'aria, tutti gli occhi erano rivolti a contemplare le grandi... bellezze della sconosciuta.

"Gentleman" disse il principe, "acculturiamoci un po'!" e subito l'orchestra del Prince si mise a suonare Partyman![4]

Non si sentiva altro che un bisbiglio confuso, e un dire sottovoce: "Come cavolo hanno fatto gli acrobati a “stopparsi” a mezz'aria?!...".

Lo stesso Re, per quanto vecchio, non rifiniva dal guardarla, e andava dicendo sottovoce alla rotolone Regina, che da molti anni non gli era più capitato di vedere una donna tanto bella e tanto graziosa. La Regina Freddie convenì con il Re ma questo non le impedì di picchiare il marito con un grosso bastone al grido di: "Oh, how I want to break free!".[5]

Tutte le dame e i damoni coi abiti a scacchi avevano gli occhi di vetro addosso a lei, per esaminarne la pettinatura e i vestiti, e farsene fare degli uguali per il giorno dopo, sempre che fosse stato possibile trovare delle stoffe così belle e delle modiste così valenti dai cinesi.

Il figlio del Re la collocò nel posto d'onore è cioè dentro il grande camino della sala, proprio sopra la cenere: quindi dopo aver notato la perplessità palesarsi nello sguardo della fanciulla andò a prenderla per farla ballare il Gioca Jouer![6]. Ella ballò anche solo con la musica -perché era una vera campionessa di Gioca Jouer!- e con tanta grazia, da far crescere in tutti lo stupore ma soprattutto a Claudio Cecchetto.

Fu servito un magnifico rinfresco a base di sushi, che il fresco Principe di Bella-Aria non assaggiò nemmeno, tanto era assorto nel rimirare la bella sconosciuta affamata mentre spazzolava tutto quello che le capitava a tiro.

Ella andò a porsi accanto alle sue sorelle: usò loro mille finezze: e fece parte ad esse delle sue arance e dei cedri, che il Principe le aveva regalato, anche perché pesavano non poco; la qual cosa le meravigliò moltissimo, perché esse non la riconobbero né punto né poco; anzi, non la riconobbero manco per il cazzotto.

In quella che stavano discorrendo insieme, Canerantola sentì battere come un fabbro le undici e tre quarti; e fatta lei(sic!) e fatta subito una gran riverenza a tutta la società, scappò via come il vento al grido di: "Io sono il vento e sono la furia che passa e che porta con se!".[7]

Appena arrivata a casa, corse a trovare la Comare Volpe, e dopo averla ringraziata, le disse col senno dipoi che avrebbe avuto un gran piacere di tornare anche alla festa del giorno dipoi, perché il figlio del Re l'aveva pagata molto.

Mentre stava raccontando alla Comare tutti i particolari della fiesta -annoiandola a morte- le due sorelle bussarono al campanello: Canerantola andò ad aprire, facendo loro mille feste, com'era suo costume.

"Quanto siete state a tornare!" disse ella stropicciandosi gli occhi e stirandosi come se si fosse svegliata in quel momento, abbracciata al suo ferro da stiro (acceso). E sì, che ella non aveva avuto davvero una gran voglia di dormire, dacché s'erano lasciate, perché aveva bevuto troppi caffè alla festa.


(“Continua...” in giapponese!)

NOTE:
[1] Trattamento per levigare e migliorare l'aspetto della cute.
[2] Tessuto delicato e trasparente, in armatura tela e prodotto con filati ritorti; il nome viene dal francese chiffe (straccio).
[3] Il drago di Komodo (Varanus komodoensis Ouwens, 1912), chiamato anche varano di Komodo è una grossa specie di lucertola gigante diffusa nelle isole indonesiane di Komodo, Rinca, Flores, Gili Motang e Gili Dasami.
[4] Partyman è una canzone di Prince tratta dall'album Batman, del 1989, utilizzata nell'omonimo fil di Tim Burton.
[5] I Want to Break Free è una canzone della Rock Band britannica Queen, scritta dal bassista John Deacon e cantata da Freddie Mercury.
[6] Gioca jouer è il ballo di gruppo e anche l'omonimo 45 giri portato al successo dal disc-jockey Claudio Cecchetto; scritto da Tony Martucci, Gualtiero Malgoni e Claudio Simonetti e prodotto da Giancarlo Meo, registrato e mixato da Marco Covaccioli nel 1981.
[7] Io sono il vento è una canzone di Gian Carlo Testoni e Giuseppe Fanciulli, cantata da Arturo Testa al Festival di Sanremo del 1959.


Anche se la vita è una tonnara, please stay tuna!

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