sabato 20 febbraio 2016

La lampada di Aladinosauro!


Scialve a tutti!
Forse non tutti sanno che BCO e TATA giovedì 18 febbraio hanno festeggiato il loro ventiduesimo anniversario di sodalizio amoroso! Nonostante l'amore (l'arma finale di Miss-Super-Fotografo™) abbia prevalso su tutte le «difficoltà tecniche» (leggasi: «sfighe™») TATA è-ancora-KO™ e BCO è-sempre-KO-di-suo™ (in questo momento ha il famoso-mal-di-pancia™) e quindi oggi pubblichiamo a mo' di riempitivo (e riempie parecchio perché è bello lungo) uno dei famosi racconti-di-mamma-BCO™ che da generazioni aiutano i giovani virgulti a chiudere gli occhi la sera e fare la nanna (per sempre).

La lampada di Aladinosauro!
Un racconto in arabo perché BCO non sa scrivere!
(Il testo della fiaba è tratto, come disse Giulio Cesare, dal sito: lefiabe.com)

Aladinosauro era un Brontosaurus che come me amava i Beatles ed i Rolling Flintstones e che abitava in una città della lontana Aarabbia (un luogo sperduto nella Campania ove tutti, per un motivo o per l'altro, avevano le scatole girate) e che, come BCO, non aveva una gran voglia di lavorare.
Anzi, come BCO, non ne aveva nessunissima voglia, anche perché pesava diverse tonnellate e si muoveva più lentamente di un bradipo. Però la sera andava sempre in discoteca per ascoltare Walk the dinosaur dei Was (Not Was).
Suo padre era un Tyrannosaurus Rex che di mestiere faceva il sarto e per questo motivo tutti lo chiamavano Tyrannosarto. Certo faceva un po' fatica a mettere il filo dentro la cruna dell'ago per via del fatto che era di braccine corte. Non che fosse tirchio: semplicemente per sua natura aveva le zampe anteriori piuttosto corte. Ma a far le asole era un vero mostro! Anzi, era un vero mostro e basta. Il Tyrannosarto rimproverava inutilmente Aladinosauro, incitandolo con veemenza a cercare un'occupazione diversa dal gareggiare in velocità con le lumache (perdendo sempre, tra l'altro)!
"Diventerai adulto e ti dispiacerà d'aver perduto tanto tempo. Agli oziosi vengono brutte idee per la testa, oltre che la forfora!" ruggì il Tyrannosarto alle prese con un cartamodello abbastanza complicato.
"Uffa! Sarà quel che sarà! Se non sarà sereno, si rasserenerà!", rispondeva seccato Aladinosauro che era anche un Brontolosauro.
Estinto il padre, il ragazzone continuò a bighellonare da mattina a sera. E un bel giorno, mentre stava gareggiando come al solito con alcune lumache, gli si avvicinò un forestiero.

"Sei tu il figlio del Tyrannosarto?", gli domandò costui.
"Sì", rispose Aladinosauro:
"Ma mio padre è estinto da qualche anno! Mi ci sono seduto sopra per sbaglio!".
Il forestiero si mise a piangere perché per sbaglio Aladinosauro si era seduto pure sopra di lui:
"Povero fratello mio. Ero venuto qui dall'Africa -dove vivo benedicendo la pioggia in Africa- per riabbracciarlo. Oh, che dolore!" e infatti aveva tutte le costole fratturate.
"Voi dunque sareste mio zio?", si stupì Aladinosauro:
"Non assomigliate a mio padre nemmeno un po'. Somigliate più ad una sogliola!".
Come avrete capito, Aladinosauro non era nemmeno tanto sveglio.
"Comunque venite, vi porto da mia madre." disse e cominciò a camminare al rallentatore in direzione della casa sua e di sua madre.
Nemmeno la madre di Aladinosauro -uno splendido esemplare di Pterodattilo (Pterodactylus) che di mestiere faceva la dattilografa e che tutti, per questo motivo, chiamavano affettuosamente Pterodattilografa- aveva mai saputo dell’esistenza di quello zio-sogliola, il quale tuttavia le piacque assai perché assicurava di volersi prendere cura di Aladinosauro, che lo avrebbe indotto a lavorare, anche forzatamente, e avrebbe fatto di lui una vera donna. Per farla breve anche la madre non sopportava più Aladinosauro!
"Verrai con me. Ti porterò in un posto che sarà la tua fortuna!" disse lo zio dopo aver ripreso un po' di forma e di colore. E preso al guinzaglio Aladinosauro, che in realtà più che andare con lo zio avrebbe preferito rimanere in ozio, lo costrinse a seguirlo.
Camminarono per alcune settimane finché, giunti in una radura distante appena pochi metri dalla casetta di Aladinosauro, il forestiero rivelò allo sfaccendato Brontosaurus chi egli fosse in realtà:
"Non sono tuo zio, ma un mago. Un grosso mago! Un magone! E ho deciso di renderti ricco, anzi ricchissimo, anzi ricchio..." e lì, misteriosamente, il mago interruppe la frase.
Poi, grazie all'aiuto di una cinepresa, riprese:
"Lo vedi questo macigno? È pesante, ma tu riuscirai a spostarlo. Lì sotto c'è una caverna con una cascata di diamanti. Ci entrerai e quell'immenso tesoro sarà tuo!".
Aladinosauro era molto diffidente, un po' perché il magone stava ridendo malignamente da qualche minuto buono ma soprattutto perché avrebbe dovuto lavorare. Aladinosauro non lo sapeva, ma quello era un mago cattivissimo. Talmente cattivo che a confronto Hitler era Gandhi.
Attraverso terrificanti sortilegi e una piccola ricerca su internet il magone aveva scoperto dov'era nascosto il più fantasmagorico tesoro del mondo che contava, tra le tante meraviglie, una piccola lampada a basso consumo dagli straordinari poteri ed una calamita da frigo con sopra stampata in rilievo l'immagine del Grande Puffo. Ma aveva anche scoperto che c'era una pietra a chiudere l'antro nel quale quell'opulento tesoro era custodito e che a sollevarla poteva essere un solo bestione: quella pucciosa creaturina di nome Aladinosauro.
Così, intendeva servirsi di lui.

Per vincere la diffidenza di Aladinosauro il mago, noto anche come «Giancarlo» (non mi veniva la battuta), non esitò a consegnargli un anellone.
"Mettilo al naso e non togliertelo mai. Ti sembrerà strano ma è un anello! Ti sarà d'aiuto in tante occasioni: per esempio se dovessi fidanzarti... In cambio tu per me dovrai fare una cosa: portarmi la piccola lampada a basso consumo che troverai in fondo alla caverna! E se trovassi anche una calamita con sopra stampata in rilievo l'immagine del Grande Puffo...".
Incuriosito e con l'anello al naso, Aladinosauro a quel punto decise di spostare il macigno.
Sotto c'era una scala a chiocciola che scendeva profondissima:
"Bene! Mi piacciono le chiocciole!" disse Aladinosauro al quale le lumache piacevano assai e il ragazzone preistorico discese (lentamente) la siffatta scala. Si trovò così in una grandissima Cavern, piena di Beatles, con degli alberi meravigliosi dai cui rami pendevano, invece dei frutti, grappoli di brillanti, e ce n'erano tanti da riempire, a raccoglierli, una intera televendita trasmessa da qualche emittente locale.

Aladinosauro era più ignorante di un protozoo e non sapeva che cosa fossero i brillanti; però il loro luccichio gli piacque così tanto che ne mangiò qualche chilo, rompendosi una fila di molari prima di accorgersi che le pietruzze oltre che luccicanti erano anche piuttosto dure.
Dopo aver pensato al pancino, Aladinosauro vide anche la lampada, che per fortuna era accesa perché se fosse stata spenta di sicuro non l'avrebbe vista. La prese fra i denti ancora sanguinanti e cominciò piano, piano, piano e piano dopo piano a risalire verso l'imboccatura della caverna, dove il mago lo attendeva da diversi giorni, sempre più impaziente.
Era intenzione del magone, non appena ottenuto ciò che gli stava a quore, far ricadere il ragazzo nel baratro per lasciarvelo morire (lentamente).
"Dammi la lampada, Presto!", gli ordinò in modo spiccio il mago.
"Non mi chiamo «Presto» mi chiamo Aladinosauro!" rispose lo «scaltro» sauropode.
"Dammi la lampada, Aladinosauro!", ribadì il mago che stava per perdere definitivamente la pazienza.
"Prova a dirlo con più sentimento: «Aladinosssauro» con un po' più di dolcezza nella «esse»..."
"Prima la lampada!".
"No. Prima dì bene il mio nome! E dopo prova a dire questo: «Se l'arcivescovo di Costantinopoli si disarcivescoviscostantinopolizzasse, vi disarcivescoviscostantinopolizzereste voi come si è disarcivescoviscostantinopolizzato l'Arcivescovo di Costantinopoli?»".
A questo punto il magone, arrabbiatissimo perché s'era impaperato tre volte di fila alla parola «disarcivescoviscostantinopolizzato», disse una formula magica a caso (tanto è uguale) e l'imboccatura del sotterraneo si richiuse sul povero Aladinosauro che, disperato, piangeva disperato. E mentre piangeva, strofinava con le zampe il suo nasone gocciolante ed inavvertitamente anche l'anello.
Sappiamo già che l’anello era magico... Anzi no, non lo sappiamo. Cavoli, abbiamo dimenticato di scriverlo! Allora, da capo...
L'anello -che era un anello magico- sollecitato a quel modo rivelò subito i suoi poteri. Infatti, in una luce abbagliante, davanti ad Aladinosauro apparve un genio vagamente somigliante a Nicola Tesla.
"Comanda cosa vuoi", disse il genio ad Aladinosauro inchinandosi: "e forse io ti accontenterò!".
"Riportami subito a casa.", fu la richiesta.
In men che non si dica, il ragazzo si ritrovò nello studio ovale della Casa Bianca.
"Intendevo a casa mia!" disse sconsolato il povero Aladinosauro.
"Avresti dovuto essere più specifico, mannaggia! Sai quant'è difficile superare i controlli per accedere a questo posto? Oltretutto siamo pure arabi!" urlò il genio ad Aladinosauro, tentando contemporaneamente di sfuggire dalle guardie del corpo del presidente degli Stati Uniti.

In un altro men che non si dica, il sauropode si ritrovò a casuccia, dalla madre, alla quale mostrò le pietre preziose -recuperate grazie a massicce dosi di magnesia bisurata e ad un enorme enteroclisma- e la lampada a led che aveva con sé.
La donna trasalì, comprendendo la straordinarietà di quanto vedeva ma soprattutto quando avvertì la puzza delle deiezioni di Aladinosauro.
Nervosamente si mise a pulire dapprima il bagno con la calce viva e poi la lampada che, essendo magica... Abbiamo già detto che era magica? OK, non importa...
Oltre ad essere magica la lampada era anche la casa di un genio ancor più potente di quello dell’anello.
Richiamato da quel gesto, il nuovo genio, vagamente somigliante ad Albert Einstein, subito le comparve davanti, vestito da cameriera francese.
"Sono al tuo servizio!" e s’inchinò perché era un genio civile, molto educato:
"Ordina e io forse ti esaudirò!" aggiunse.
"Un hamburger, una coca e una doppia porzione di patatine fritte!" disse Aladinosauro che aveva frainteso tutto...

Fino ad allora, nella povera casa di Aladinosauro si era sofferta la fame, perché la tenera creaturina del Giurassico superiore si pappava sempre tutte le provviste, perciò la Pterodattilografa chiese a quel genio del genio una tavola dell'IKEA imbandita con gustose vivande e buon vino in brick.
Immediatamente la tavola fu apparecchiata: una tavola principesca che ritornò tutti i giorni, due volte al giorno e qualche volta anche a merenda.
Sostenuto dalla buona sorte, Aladinosauro smise di oziare e lavorò, proprio ora che non gli serviva più lavorare -dimostrando ancora una volta le sue scarse capacità intellettuali e di giudizio- e si dette buon nome: «Apatosaurus» (questa è un po' lunga da spiegare)! La gente giunse persino a lodarlo e a riverirlo, mantenendosi comunque ad una certa distanza quando l'Aladinosauro era costipato.
Un giorno Aladinosauro intravide, non visto (non si sa come), la «bellissima» figlia del Re che usciva a passeggio. Non visto (non si sa come) perché, quando la principessa usciva in pubblico, tutti dovevano rinchiudersi in casa e non ardire di alzare gli occhi su di lei, pena la morte; questo perché la principessa altro non era che uno splendido esemplare di Spinosaurus sempre affamato e alla ricerca di prede. «Rosaspinasaurus» era il nome della «bella» principessina!
Ma la curiosità aveva indotto il giovane a dare una sbirciatina e, non visto (non si sa come), intravista la principessa, se ne innamorò a prima vista:
"Madre, voglio sposare la principessa!".
"Oh, povero figlio mio. Sei impazzito?", disse la donna, visibilmente incassata.
"Mai stato più in senno, madre!" disse Aladinoeccetera.
La madre alzò gli occhi al cielo, pensando che non era poi questa grande garanzia quanto appena espresso dal figlio.
Aladinosauro proseguì:
"Ecco qui una ciotola di brillanti..." ed istintivamente (un istinto vecchio di milioni di anni) la madre si tappò il naso!
"Vai in udienza dal Re, il famoso Re «Ttile», che ti riceverà (spero). E tu, offrendogli un dono così strabiliante ed appetitoso, gli dirai che glielo mando io e che voglio sposare la di lui figlia!".
Tremando di paura per l’ardire di andare a dire direttamente quel che doveva dire, la madre di Aladinosauro si recò dal Re Ttile, e fece ciò che le aveva detto il figlio più o meno nell'ordine giusto.
Visto l’inestimabile tesoro recatogli in dono, il re dapprima svenne per via del cattivo odore, e poi, ripresosi anche lui con una cinepresa, si rallegrò.
"Sei furba!" disse alla madre di Aladinosauro, scambiandola per una Velociraptor.
Se regalava simili ricchezze al suo Re, quel giovane ben poteva essere il pranz... lo sposo della principessa, pensava il Re, che tutti chiamavano affettuosamente «Lizard King»!
Per celebrare degnamente le nozze, Aladinosauro strofinò la lampada e chiese al genio di costruirgli un palazzo più bello di quello del Re.

E subito, ecco sorgere dal nulla la nuova, meravigliosa dimora di Aladinosauro e della sua sposa: una enorme recinzione elettrificata ad alto voltaggio e chiusa da un enorme cancello sopra il quale s'ergeva la scritta «Cretaceous Park».
Tutto, dunque, sembrava procedere per il meglio. E non ci sarebbero state complicazioni di sorta nella vita dei due -almeno fintanto che la sposa non fosse riuscita ad agguantare lo sposo- se non fosse accaduto che il magone (con il magone) che aveva cercato di ingannare Aladinosauro, rimpiangendo continuamente la lampada perduta, non avesse insistito nei suoi esperimenti con i vari motori di ricerca per sapere che cosa ne fosse stato del «ragazzo», se egli fosse morto davvero nel profondo della caverna.
Seppe così da un forum di paleontologi che non solo Aladinosauro era vivo, ma possedeva, oltre all’anello, anche la lampada a led magica. Perciò, pieno di gastrite e di rabbia, ripartì alla volta dell’Aarabbia.
Quando vide lo splendido recinto di Aladinosauro, una rabbiosa invidia prese a tormentarlo. Non volendosi arrendere alla fortuna dell’altro, si travestì da mercante in fiera, attese che Aladinosauro accompagnasse il re in un lungo, lunghissimo viaggio nei reami vicini, si fece ricevere dalla principessa e, un po' per la sua parlata suadente, un po' per magia, un po' per culo (diciamocelo) la trasse in inganno e riuscì a non farsi mangiare.
Il magone, che possedeva vicino alla ferrovia un ristorantino vegano chiamato «il vegano ristorante», fece credere alla principessa Rosaspinasaurus che aveva problemi di salute e che per il suo bene avrebbe dovuto passare al veganesimo, ma soprattutto che la lampada custodita dal suo «sposo» era una vecchia lampada abbronzante senza valore: gliela avrebbe cambiata con una bella lampada nuova e col libro: «Le straordinarie proprietà del risotto coi broccoli» scritto da BCO e TATA.

La principessa, ignara di tutto, accettò.
Avuta ch'ebbe fra le mani, finalmente, la lampada magica, il magone ordinò al genio di trasportare il recinto di Aladinosauro, con tutti i suoi abitanti, TOTO compresi, in Africa. E il genio non poté far altro che ubbidire perché era buono.
Non appena tornato dal viaggio e non vedendo più né il sontuoso recinto né la principessa, Aladinosauro, dopo solo qualche settimana ed un paio di visite dall'oculista, comprese (per buona parte) ciò che era accaduto.
Ma non si perse d’animo: si abbandonò solamente ad un pianto disperato. E nell'asciugarsi il naso con la zampa con il solito fare burino, strofinò nuovamente l’anello magico (l'abbiamo scritto, vero, che era magico?) che aveva ricevuto tanto tempo prima dal magone e che sempre portava al naso, perché s'era dimenticato di levarselo a suo tempo.
Rapido apparve il primo genio, quello che lo aveva salvato dalle guardie del presidente degli USA, con indosso la divisa dei carcerati del campo di detenzione di Guantanamo.
"Riportami subito qui mia moglie e il mio recinto, ovunque essi siano", gli ordinò Aladinosauro.
Gli rispose il genio:
"Sicuro di volerlo?" e poi aggiunse:
"Ogni tuo desiderio per me forse è un ordine, padrone. Ma questo non posso esaudirlo. Perché l’incantesimo è stato compiuto da quel gran genio del mio amico, il genio della lampada, che è molto più potente di me e che pulirebbe forse il filtro soffiandoci un po'!".
"E allora portami dalla principessa!", disse Aladinosauro.
"Ma sei veramente sicuro di volerlo? Voglio dire: è uno Spinosaurus, cavoli! Un carnivoro! E tu sei un erbivoro! E i carnivori mangiano gli erbivori! Lo hai presente, questo?"
Di fronte allo sguardo assente ed interrogativo di Aladinosauro, il genio alzò gli occhi al cielo, fece spallucce, ed in men che non si dica (cioè in «non si dic»!), magico servitore e dinosauro erano già in Africa, nel recinto, al fianco della sua sposa disperata, in lacrime, perché davanti a lei v'era in bella mostra una ciotola di insalata e qualche carota.
La felicità dei due, quando si riabbracciarono, è facile da immaginare ed anche divertente a pensarci su.
"E adesso ci riprendiamo pure la lampada!", disse Aladinosauro cercando di sfuggire ai morsi della principessa Rosaspinasaurus che a sua volta cercava di sfuggire ai morsi della fame, dopo averle confidato la sua lunga, lunghissima avventura «on the rocks» con il magone.
"Ma come? È difficile da immaginare...", rispose lei, dubbiosa e affamata.
"È facile se ci provi! Inviterai il mago per cena, ed essendo egli un grande vanitoso si lascerà conquistare dai tuoi complimenti. E tu gliene farai tanti..."
"Io, Aladinosauro... Fargli dei complimenti!?".
"Sì, mia diletta. E poi te lo mangi!" rispose Aladinosauro, ed aggiunse:
"Infatti ho detto che inviterai il mago per cena!" e fece l'occhiolino alla consorte, strizzando tutti e due gli occhi, però.
"Ho capito!", sorrise la principessa. Anzi, Rosaspinasaurus scoppiò in una vera e propria risata maligna, mentre dietro a lei nuvole grigie s'addensavano scaricando di tanto in tanto lampi e tuoni.
A quella vista il genio ed Aladinosauro si fecero piccoli piccoli.
Tutto avvenne secondo il previsto. Non appena il mago venne biascicato dalla vorace Rosaspinasaurus, Aladinosauro, che fino ad allora s’era tenuto nascosto (non si sa come), venne... fuori, tolse la lampada dalle mani abbronzatissime (era anche una lampada abbronzante) del mago che giacevano a terra in una pozza di sangue, e la strofinò. Ed ecco apparire il genio in una nuvola di vapore verde e radioattivo.
"Tu, genio...", disse Aladinosauro.
"Grazie!" disse il genio gongolando.
"Prego!" rispose a sua volta Aladinosauro (perché era educato) e continuò:
"Porta quello che resta del mago dove nessuno lo possa mai più trovare." ordinò Aladinolui.
Ma il genio non fece a tempo a prendere scopa e paletta che Aladinosauro continuò:
"E poi riporta questo recinto, con TOTO ciò che contiene, in Aarabbia".
Così avvenne.
E in Aarabbia, Aladinosauro e la principessa vissero felici e a lungo, sempre rincorrendosi.

Fin!

Frase celebre del giorno:
Geronimooo!
La moglie di Geronimo

Peroverbio del giorno:
Vale più la pratica con il bollo da 15 euro.

Stay divided!

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